La progettualità della mente ai tempi del Covid19


La progettualità della mente ai tempi del covid 19.

Noi umani a differenza degli animali progettiamo costantemente le nostre azione. Dal camminare, scandendo i passi in perfetta sincronia tra i piedi (prima avanti uno poi l’altro), fino alla predizione del nostro futuro a breve, medio e lungo termine.

Questa attività inizia aprendo gli occhi la mattina, occhi che forse non abbiamo mai chiuso durante la notte agitata nel pensare ai progetti importanti dell’indomani, e prosegue durante la doccia e la colazione.

La predizione a livello neuronale può essere considerata il vero stimolo della motivazione personale.

Nell’attività di progettazione la dopamina si espande all’interno del cervello affinchè si inneschi una azione cambiando quella che invece è la funzione “premiante” dello stesso ormone che avviene solitamente a fine evento.  Ciò provoca quella agitazione ed eccitazione che sarà il carburante della scintilla motivazionale.

Questa dote di progettualità che a volte diventa patologicamente compulsiva e ossessiva ci aiuta in teoria a gestire eventuali imprevisti e ad affrontare le incertezze della vita.

Con la pandemia del Covid 19 tutto questo ci viene a mancare poiché la costante e deprimente incertezza quotidiana inibisce profondamente la nostra attività preferita: la “progettualità”.

E così non possiamo programmare le vacanze, i viaggi di lavoro, matrimoni, cene con amici etc etc, mentre possiamo unicamente programmare una call, un pranzo d’asporto o al massimo un nuovo pigiama per evitare brutte figura nelle video conferenze.

Ritengo la mancanza di progettualità uno dei maggiori danni a livello mentale della pandemia, cosa fare?

Tentare di insistere sulla progettualità di tutte quelle attività che possono alleviare lo stress e la fatica mentale programmando viaggi estivi, prenotando alberghi, organizzando eventi speciali e così via, tanto tutte le strutture legate al turismo hanno adottato politiche estremamente flessibili in caso di improvvise e forzate cancellazioni…………………..tutto questo passerà menzionando uno dei più toccanti brani di George Harrison “All things must pass!”   

Immaginate se non dovessero più esistere i nonni

Immaginate se non dovessero più esistere i nonni

Questo maledetto Corona Virus sta facendo strage vigliaccamente di anziani, e soprattutto di nostri amati nonni, che oggi sono parte di semplici statistiche e di bollettini pomeridiani della protezione civile, come se dovessimo raggiungere obiettivi fissati da un budget.

Ma ci siamo posti la domanda: “come sarà la nostra vita domani senza i nostri nonni?

Ad oggi sono oltre 3000 decessi di anziani al di sopra dei 70 anni che recheranno dolorose sofferenze ad innumerevoli famiglie e ancor più ai relativi numerosi nipotini.

Ma riuscite ad immaginare un mondo, da un giorno all’altro, senza il pranzo domenicale dai nonni a base di pasta al forno e pollo e patate, l’assenza improvvisa dei fidati compagni di gioco dei nipotini al parco, la mancanza dei nonnini che raccontano le loro esperienze di vita ai bambini che ascoltano a bocca aperta, l’impossibilità di essere soddisfatti nel vedere i propri nonni apprendere l’uso dei personal computer e dei videogiochi, la serenità di stare nel lettone dei nonni con la febbre quando mamma e papà vanno a lavorare ed essere curati con i famosi metodi e cure delle nonne e potremmo aggiungere altri infiniti esempi di felicità da abbracci amorevoli dei nonni

Ma il danno maggiore che subiremo tutti noi è la cancellazione drastica di tutta la memoria storica di famiglia. E’ un trauma irrecuperabile perché non sapremo mai a fondo chi siamo se non abbiamo la memoria dei nostri predecessori. Perché oggi il nostro modo di essere ed i nostri comportamenti provengono proprio dai nostri genitori e ancor prima dai nostri amati nonni.

In tal senso suggerisco la lettura di un testo davvero illuminante sui rapporti figli, genitori, nonni, bisnonni e così via, il titolo è “La sindrome degli antenati” di Anne Ancelin Schutzenberger.

Si legge tra l’altro: “Ognuno tiene la contabilità soggettiva di ciò che ha dato e ricevuto, nel passato e nel presente, e di ciò che darà e riceverà nel futuro”.

Io ormai ho “na certa” (come si dice a Roma), o meglio ho una età certa, e non ho più la fortuna di avere i genitori o peggio i nonni ma cosa darei per averli per 30 secondi per fargli domande importantissime alle quali non ho e non avrò più la possibilità di avere risposte.

Forza nonni vi stiamo vicini e rispettiamo le vostre preziose vite stando a casa. Davvero!

 

Il Cervello al tempo del Corona Virus

Il Cervello al tempo del Corona Virus

L’organo umano che ha subito il primo e più importante impatto dalla pandemia da Corona Virus è il nostro Cervello.

In realtà è l’area limbica del nostro cervello quella più coinvolta poiché ha un ruolo di centralina d’allarme che si attiva, in prima battuta, in caso di pericolo e che provoca una delle nostre emozioni primarie: la paura!

La paura è stata a lungo studiata da scienziati di tutto rispetto come Paul Elkman che ha classificato le nostre emozioni primarie che sono “automatismi” che si attivano in caso di stimoli esterni.

Volendo descrivere la nascita ed il percorso della paura nel nostro cervello possiamo partire dallo Stimolo Emotivo, attivato da un evento esterno, intercettato dal TALAMO (centro di smistamento dei messaggi da inviare nelle altre parti del cervello) e tradotto in segnale elettro-chimico. Il segnale elettro-chimico viaggia, a seconda dell’importanza e della velocità di reazione richiesta, dal talamo verso l’AMIGDALA attraverso una cosiddetta “via bassa” e veloce oppure “via alta” direttamente dal talamo alla CORTECCIA SENSORIALE (sede del raziocinio e ragionamento) in caso di richiesta di risposta più lenta.

Volendo analizzare la “via bassa”, ovvero quella più coinvolta in caso paura e di richiesta di reazione veloce, passa attraverso L’AMIGDALA, che è chiamata così poiché è a forma di mandorla (amigdala proviene dal greco e che significa proprio mandorla) e si trova nell’area limbica di entrambi gli emisferi del cervello.

La paura si manifesta con un innalzamento della pressione sanguigna, aumento della frequenza del battito cardiaco, della sudorazione soprattutto alle mani e dell’irrigidimento dei muscoli insomma si prepara tutto il corpo a scattare e reagire all’imprevisto.

L’amigdala, in collaborazione con la Corteccia Sensoriale, ci permetterà di attivare, a seconda l’importanza e la pericolosità dell’evento da affrontare, tre diverse reazioni: Combattere, Fuggire o Paralizzarsi.

Nel nostro caso e nel contesto attuale possiamo affermare che, dopo aver considerato che la “fuga” è impraticabile e che “combattere” contro un nemico bastardo ed invisibile è impossibile, abbiamo adottato la terza delle possibilità ovvero “stare fermi” (a casa) per evitare il passaggio del virus e l’impennata dei contagi.

Ma in questi giorni abbiamo conosciuto anche la cugina della paura “l’ansia” che subdolamente provoca innumerevoli danni al nostro sistema nervoso poiché non produce un piano di azione razionale ed immediato ma innesca le cosiddette seghe mentali. Tutte ciò può indurre a comportamenti compulsivi-ossessivi con una conseguente sovrapproduzione di ormoni dello stress capeggiati dal cortisolo, difficile da assorbire, eliminare e controllare.

Ritornando alla paura, soprattutto quella attuale da pandemia, se non si può eliminare va accettata e metabolizzata attraverso alcuni suggerimenti: 1. Il cervello è un organo sociale ed il fatto che una emozione primaria come la paura, a volte anche invalidante, è in questo momento trasversale e universale può darci la forza di superarla tutti insieme; 2. Non nascondiamo la paura per il giudizio degli altri poiché è proprio il doverla affrontare che innesca il “coraggio”, negare la paura è solo da incoscienti; 3. Parlatene con i vostri parenti ed amici vi renderà forse più fragili ma sicuramente più vicini ed umani; 4. Superare la paura richiede forse tempo ma l’importante è pianificare una reazione positiva che possa produrre la circolazione nel corpo di ormoni salutari che instillano comportamenti ottimisti ed evitino la creazione di paure croniche come le fobie quali l’ipocondria.

Credetemi “andrà tutto bene!”

 

Le similitudini tra Coaching e Kaizen

Foto: https://studioboost.it/wp-content/uploads/2017/06/Kaizen-2.svg_.png

 

Esistono, secondo me, molte similitudini tra il cosiddetto processo G.R.O.W che supporta il Coach nel seguire una metodologia di approccio durante una sessione di coaching ed il noto processo Kaizen ovvero “miglioramento continuo” adottato dalle multinazionali Giapponesi.

Innanzi tutto definiamo il processo G.R.O.W dove

  • G sta per Goal (fissare un obiettivo della sessione di coaching che sia realistico e raggiungibile)
  • R sta per Reality (analizzare il contesto e la realtà di vita di colui che si rivolge al coach per raggiungere l’obiettivo prefissato)
  • O sta per Opportunities (sviscerare tutte le opportunità da considerare e cogliere per produrre il cambiamento necessario a raggiungere l’obiettivo della sessione)
  • W sta per Wrap Up (riepilogare quanto discusso e definire un piano di azione e relativa tempistica)

Nel Kaizen, applicato ai processi di fabbrica, avviene, più o meno, lo stesso percorso del GROW dove:

– si fissa lo scopo del progetto (rigorosamente su foglio A3 per agevolare una panoramica generale ed immediata),

– si analizza il processo cosi come è utilizzando le 5 Why (perché) in modo da cercare in profondità la vera “route cause” ovvero la causa o il punto debole del processo dove poter applicare un miglioramento,

– si analizzano tutte le vere e possibili opportunità a disposizione,

– ed infine, una volta individuate le attività di miglioramento necessarie, si fissa un piano d’azione, i relativi costi, i risparmi e le tempistiche per le applicazioni del cambiamento.

Ricordiamo che il Kaizen per essere denominato tale deve necessariamente prevedere nel processo individuato un risparmio operativo e di costi di piccole entità. I grandi risparmi non sono annoverabili come “miglioramento continuo” ma necessari alla sopravvivenza della fabbrica.

E allora dove è la similitudine con il coaching?

Facciamo un esempio: Durante una sessione di coaching il coachee individua l’obiettivo personale e di vita da voler raggiungere, ad esempio :“voler smettere di fumare durante le pause di lavoro” , come previsto dalla fase G di Goal.

A quel punto si passa alla fase “R” ovvero l’analisi della realtà utilizzando i 5 Why? (come nel Kaizen) .

  1. Perché fumo durante le pause di lavoro? Perché mi aiuta a riflettere;
  2. Perché rifletto durante le pause? Perchè mi sento nervoso e stressato dai carichi di lavoro che il mio capo mi assegna continuamente;
  3. Perché il mio capo mi assegna carichi di lavoro esagerati? Perché non conosce a fondo la mia agenda e la mia organizzazione di lavoro
  4. Perché il mio capo non conosce la mia agenda di lavoro? Perché non ho mai il tempo di parlarne con lui.
  5. Perché non ho mai il tempo di parlare con il mio capo? Perché non abbiamo il tempo di fissare sessioni di aggiornamento ed organizzativi.

Ed ecco che si è arrivati alla O di Opportunity, ovvero analizzare le opportunità di miglioramento di un processo. Nel nostro caso abbiamo trovato alcune idee:

  1. Innanzi tutto, parlare del proprio disagio con il capo
  2. Fissare un appuntamento periodico per analizzare ed eventualmente rivedere l’agenda di lavoro
  3. Approfittare della pausa caffè per parlare serenamente con il proprio capo di come procede il lavoro, in fondo anche lui ama prendere il caffè, evitando cosi di fumare.

L’ultima fase W di Wrap Up è proprio quella di fissare un piano d’azione nei processi da seguire nei giorni a seguire con un obiettivo chiaro, cosi come previsto nel Kaizen, “Evitare almeno 10 sigarette a settimana pari a 20 Euro al mese, senza quantificare i benefici sulla salute!”

Ebbene abbiamo visto e semplificato le similitudini tra I metodi di Coaching ed il Kaizen che possiamo riepilogare in:

  • Fissare l’obiettivo
  • Analizzare la realtà attuale
  • Verificare il Gap (divario) da colmare tra realtà e obiettivo di miglioramento ed analizzare le opportunità a disposizione
  • Infine fissare i Risparmi/ Vantaggi, il Piano d’Azione e la Tempistica.

Buona Lavoro da Leadermente.it!!!

 

 

I propri obiettivi

Un messaggio che mi rimase particolarmente impresso durante il corso di certificazione di corporate & business coach tenuto da Flaminia Fazi fu la cosiddetta “Domanda Miracolo” (Miracle Question). Quando si è perduti nella propria negatività, quando non si è contenti della propria vita oppure si è in una fase di profonda tristezza è il momento di porsi la “Domanda Miracolo” ovvero: “se tu dovessi andare a dormire e di notte avvenisse un miracolo come vorresti rialzarti?” Forse non è la definizione letterale del concetto ma la domanda è: come vorresti risvegliarti?… in una nuova casa, un nuovo lavoro, una nuova relazione, in un nuovo paese……?
Insomma quando sei impantanato in brutti pensieri immagina come vorresti vederti l’indomani mattino al risveglio e dopo il miracolo. Ebbene non hai fatto altro che fissarti un nuovo obiettivo di vita. Hai fatto un esercizio tra i più difficili della propria vita: chiarire e fissare un obiettivo sapendo quello che veramente si desidera. Perché diciamoci la verità quanti di noi sanno esattamente quello che realmente vogliono?
E dopo? ……Dopo viviamo unicamente per far avverare quel “miracolo” e il resto lo farà la Legge d’Attrazione, ma quella è un’altra storia. Nulla è irrealistico , quando lo pensi può essere realizzato

Benvenuti

LEADERmente è una idea di Rolando Ventura Corporate & Business Coach e Dottore in Scienze per l’Investigazione e per la Sicurezza nonchè certificato MBIT (Tecniche di Integrazione tra i 3 cervelli) .
Studi sociali e psicologici, Scienze per l’Investigazione e una grandissima passione per le neuroscienze, insieme alle esperienze acquisite nella gestione delle risorse umane durante la mia carriera ai vertici aziendali, hanno permesso di creare un programma di crescita della “auto-consapevolezza individuale” denominato LEADERmente.
Benvenuti!